Studio SGA

1994 - E. Coluzzi, E. Martini, L.D. Venanti
Studio dei centri abitati instabili in umbria atlante regionale: Il dissesto idrogeologico del Colle di Todi (PG)
Ed. Rubbettino. Pubblicazione n. 979 del GNDCI-CNR
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1996 – R.Piccioni, P.Monaco
Caratteri sedimentologici, icnologici, e micropalentologici delle unità eoceniche degli scisti varicolori nella sezione di M. Solare (Trasimeno, Umbria occidentale).
Boll.Serv.Geol.it. Vol.115: 43-188

La sezione di M. Solare del gruppo degli "Scisti Varicolori" (sensu Principi, 1924) che affiora a sud del lago Trasimeno (Umbria occidentale), rappresenta, nell’ambito delle successioni pelagiche paleogeniche della successione tosco-umbra, un buon esempio di sedimentazione continua; è ben esposta per complessivi 126 m, è adatta ad uno studio integrato sedimentologico, icnologico e micropaleontologico.

Questo studio ha permessodi individuare dal basso verso l’alto tre unità litostratigrafiche: a) l’unità calcarea (U.C.), spessa circa 50 m, estesa dalla Zona a foraminiferi planctonici P6 fino alla base della Zona P10 (Eocene inferiore - base Eocene Medio).E' formata da un membro basale con abbondanti calcareniti e calciruditi torbiditiche, alternate a marne grigio verdi e rare argilliti brunastre, e da un membro sommitale con radi litotipi marnoso-calcarei e abbondante selce; b) l’unità calcareo marnosa (U.C.M.), sovrastante alla prima, spessa circa 55 m e depostasi tra la Zona P10 fino alla base della Zona P12 (Eocene medio, parte bassa e media). E’ composta da calcareniti e calcilutiti torbiditiche grigie, calcari marnosi e marne prevalentemente rosse e da argilliti rosse e tabacco; c)l’unità argillosa-marnosa (U.A.M.), che chiude la successione prima delle sovrastanti Arenarie del Trasimeno, è costituita da abbondanti argilliti tabacco rosse, da marne ocra e calcareniti, calciruditi torbiditiche depostesi nell’Eocene medio (Zona P12).

La granulometria, il tasso di accumulo e le strutture sedimentarie indicano un’area bacinale sempre decisamente profonda ed influenzata da una deposizione da flussi torbiditici sia ad alta che a bassa densità. Le strutture sedimentarie e l’analisi delle facies indicano una sedimentazione in un’area di bacino relativamente distale rispetto alla zona di provenienza di mare basso, non ancora ben localizzato, dove proliferavano per lo più grandi foraminiferi per tutto l’Eocene inferiore-medio.

Le icnoassociazioni post-deposizionali e la zonazione verticale dell’icnocoenosi (tiering) hanno evidenziato come le tracce fossili si concentrino per lo più nella frazione calcilutitica di ogni strato, L’attività dell’infauna è in funzione dei tassi di accumulo del materiale fine durante lo stadio finale della deposizione torbiditica: ad una debole intensità di bioturbazione con tassi di accumulo decrescenti corrisponde generalmente uno sviluppo di tracce meandranti tipo graphogliptidi; al contrario ad una pervasività spinta della bioturbazione su tutto lo strato con tassi di accumulo bassi ma costanti corrispondono litofacies chiazzate (mottled). Il contenuto interstiziale di ossigeno nel sedimento di fondo, povero in carbonato, e le variazioni di turbolenza sul fondo marino influenzavano l’icnodiversità, la profondità di penetrazione e la complessità del tiering.

L’icnoassociazione a Chondtrites, Planolites e Trichichnus (incofacies CPT) caratterizza l’U.C., mentre l’icnoassociazione a Thalassinoides, Nereites Zoophycos (icnofacies THNZ) si sviluppa nell’U.C.M. ed infine l’icnoassociazione a Chondtrites, Planolites, Nereites e Trichichnus (icnofacies CPNT) è caratteristica dell’U.A.M.

Lo stato di conservazione dei gusci dei foraminiferi planctonici e bentonitici ha messo in evidenza che L’U.C. si depose prevalentemente al disotto del lisoclino con rare escursioni al di sopra di esso; l’U.C.M. si formò in un ambiente marino al di sopra del lisoclino, e l’U.A.M. si ebbe prevalentemente al di sotto della CCD. Mediante le associazioni a foraminiferi bentonici è stato possibile effettuare alcune considerazioni di tipo paleoecologiche. Si è individuato un fondale aerobico ma con bassa quantità di ossigeno per tutto l’Eocene inferiore. Dall’Eocene medio si è avuto il miglioramento delle condizioni con un picco di ossigenazione con l’inizio della Zona P12. Vengono discussi i rapporti tra profondità del bacino, lisoclino e CCD, legati a mutamenti ambientali in scala globale.

E’ stato infine eseguito un confronto con altre successioni coeve dell’Umbria e Toscana, Sono state riscontrate analogie tra “Scisti varicolori” del M. Solare e l’”insieme varicolore” dell’Umbria nord-occidentale. Sono state discusse analogie e differenze tra Scisti Policromi (Formazione di Montegrossi, Formazione di Dudda, Marne del Sugame) e “Scisti varicolori” di M. Solare. Infine, il confronto con la Scaglia umbro-marchigiana ha evidenziato differenze imputabili a diversa profondità e caratteristiche del fondale rispetto al M. Solare, in relazione alla posizione del lisoclino e della CCD. Analogie vi sono invece nella distribuzione dei livelli con selce, e nella distribuzione faunistica delle paleocomunità di mare sottile risedimentate per correnti di torbida.

1997- M. Barchi,L. Faralli & L. Giombini
La faglia della Valnerina: aspetti cinematici e strutturali nel tratto Meggiano/Ferentillo
Atti Convegno GeoItalia '97 – I° F.I.S.T. Forum Italiano di Scienze della Terra
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2000 – L. Melelli, L. Faralli, N. Gasparri, R. Piccioni & L.D. Venanti
Nota preliminare sui fenomeni gravitativi della rupe di Massa Martana (PG)
Atti del Convegno dei Giovani Ricercatori in Geologia Applicata – Chieti Ottobre 1998 Mem.Soc.Geol.It., 56 (2001).

L'abitato di Massa Martana (PG) è ubicato su una rupe costituita da sedimenti plio-pleistocenici alla base del versante occidentale dei Monti Martani. Nel maggio '97 si sono verificati una serie di eventi sismici che hanno avuto come epicentro il centro di Massa Martana e come conseguenza l'accentuazione di una serie di eventi franosi preesistenti al sisma che hanno interessato la parete occidentale della rupe su cui sorge il centro storico e secondariamente lungo quella meridionale.

L'ipocentro è stato individuato ad una profondità compresa tra i 5 e i 10 Km. La rupe, per condizioni geolitologiche, strutturali, sismiche, morfologiche, idrografiche e antropiche, presenta una naturale propensione al dissesto gravitativo, peraltro già verificatosi in tempi storici in più riprese successive. La nota sismicità dell'area è caratterizzata da eventi superficiali che hanno provocato, anche in passato, analoghi fenomeni di dissesto. I sedimenti che formano la rupe sono disposti su due unità: una basale rappresentata da limi con superfici di alterazione e comportamento plastico e una sommitale con limi e sabbie di deposizione carbonatica e subordinatamente con livelli decimetrici di travertinilitoidi.

L'intero ammasso roccioso che costituisce la rupe è pervaso da due sistemi principali di joints (appenninico ed antiappenninico) e da altri due sistemi minori (messi in evidenza durante una dettagliata campagna di rilevamento geostrutturale in parete e nei cunicoli che passano sotto il centro storico. I sistemi di joints possono funzionare da zone di debolezza lungo le quali si innescano le superfici di scivolamento. Il sistema appenninico concorda con l'orientamento della faglia bordiera dei Martani mentre quello antiappenninico con i sistemi di discontinuità che tagliano trasversalmente la catena montuosa.

I versanti occidentale, settentrionale e meridionale della rupe sono inoltre circondati da fossi in fase erosiva (che ricalcano l'andamento delle principali discontinuità). Tra le cause del dissesto va menzionato anche il fattore antropico. I naturali ampliamenti che il centro e le relative infrastrutture hanno subito nel corso dei secoli hanno accelerato il naturale processo di scadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali su cui sorge l'abitato.

Gli ultimi eventi franosi si sono sviluppati lungo il lato occidentale nella parte di NW e in misura minore in quello meridionale. Dalla sovrapposizione di antiche carte catastali con l'attuale cartografia inoltre è stato possibile osservare l'evoluzione per frana di questi stessi versanti nel tempo e stimare quantitativamente l'arretramento del fronte della scarpata. Sull'Unità sommitale sono riconoscibili eventi tipo basculamento e crollo delle porzioni lapidee isolate da linee di frattura. Sopra l'Unità inferiore, a causa e del comportamento meccanico e delle basse pendenze, si generano fenomeni di dissesto superficiale quali soliflusso e ruscellamento superficiale. Spesso sono proprio i materiali di accumulo degli eventi franosi generatisi più a monte ad essere interessati da fenomeni di rimodellamento.

Nel complesso il movimento può essere considerato secondo Varnes (1978) come un fenomeno complesso del tipo S2 con ribaltamento della porzione superiore e scivolamento di quella inferiore lungo superfici circolari che arrivano ad interessare la base dell'Unità sommitale. Nell'ambito del progetto di riconsolidamento della rupe sono stati effettuati: 21 sondaggi a carotaggio continuo con il prelievo di 32 campioni indisturbati e 59 disturbati e relative prove di laboratorio. Inoltre dal 1990 ad oggi sono presenti n.5 tubi inclinometrici regolarmente monitorati. I risultati dei sondaggi, delle prove e delle letture inclinometriche sono stati utilizzati per ricostruire in dettaglio la stratigrafia e l'andamento delle superfici di discontinuità nel sottosuolo.

2000 – L. Melelli, M. Balducci, R. Piccioni, R. Regni, L.D. Venanti
Dissesti statici e gravitativi del complesso architettonico di San Filippo di Nocera Umbra (Perugia - Umbria). Ipotesi di consolidamento.
Sessione poster Atti Convegno "GEOBEN2000 Condizionamenti geologici e geotecnici nella conservazione del patrimonio storico e culturale" – Torino Castello di Moncalieri, Giugno 2000 Pubblicazione n. 2133 GNDCI-CNR

L'abitato di Nocera Umbra (Perugia, F. 123 "Assisi") è risultato tra i centri abitati più colpiti dal sisma del 26 settembre 1997 e dalle scosse seguenti, riportando danni rilevanti al patrimonio artistico del centro storico. Ubicato su una dorsale calcarea con versanti notevolmente acclivi interessati da dissesti gravitativi ha risentito degli eventi sismici in conseguenza della sua costituzione geologica e geomorfologica.

I dissesti gravitativi hanno subito locali riattivazioni in particolare lungo il versante occidentale della rupe danneggiando la zona comprendente i Portici cinquecenteschi di S. Filippo, gli edifici ad essi contigui e la cinta muraria risalente al XII sec., fondati in parte su roccia e in parte su materiali di riporto accumulatisi in passato.

La differenza di comportamento meccanico tra i due litotipi è alla base del dissesto riscontrato. L'operazione di consolidamento è stata differenziata in interventi volti a conferire stabilità alla cinta muraria e interventi di tipo sia tradizionale che specialistico per impedire ulteriori cedimenti differenziali degli edifici situati a ridosso delle mura.

2000 – R. Radicchia, R. Percivalli, G. De Mase, L. Locchi, M. Maggiorana, L.D. Venanti
Galleria J.F.Kennedy a Perugia: un'idea integrata per il miglioramento della ventilazione della galleria e della mobilità alternativa del centro storico
Atti Convegno Nazionale sulla ventilazione e illuminazione delle gallerie stradali, Perugia Novembre 2000
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2000 - L. Faralli, N. Gasparri, R. Piccioni & L.D. Venanti
Structural Analysis of rupe di Massa Martana (PG)" Sessione poster; Atti del Convegno "Evoluzione geologica e geodinamica dell'Appennino" in memoria del Prof. G. Pialli Univ. Studi PG, Soc. Geol. Italiana; Foligno, Febbraio 2000
(Boll.Soc.Geol.It. Volume speciale n.1 2002)

L'abitato di Massa Martana (Umbria, Italia centrale) è ubicato sopra una rupe costituita da sedimenti carbonatici continentali del Pleistocene inferiore (travertini e sabbie e limi carbonatici – "Unità di Acquasparta"; Basilici, 1992) stratigraficamente sovrapposti ad una successione fluvio-lacustre prevalentemente limoso-sabbiosa, a tratti argillosa del Pleistocene inferiore ("Unità di S.M.Ciciliano"; Basilici, 1992). La Rupe è stata soggetta storicamente a dissesti gravitativi superficiali intimamente connessi alla situazione geologica (stratigrafia, caratteristiche litologiche eterogenee, elevato grado di fratturazione dei depositi carbonatici superiori ed elevata erodibilità dei depositi basali) e geomorfologica che la caratterizzano.

L'area ricade inoltre in una zona sismicamente attiva, come peraltro risulta dall'analisi dei cataloghi storici. Lo studio oggetto della presente pubblicazione è stato avviato a seguito della crisi sismica del Maggio 1997, che ha riattivato i fenomeni di dissesto nella Rupe. I dissesti si traducono in crolli e ribaltamenti nella porzione superiore e scivolamenti rototraslazionali in quella inferiore. Gli ingenti danni riportati da numerosi edifici sia pubblici che privati, in particolare quelli ricadenti nel centro storico, hanno dato il via ad un progetto di consolidamento della Rupe e delle aree immediatamente adiacenti.

In questa nota vengono forniti i risultati emersi dall'analisi geologico-strutturale effettuata con lo scopo di caratterizzare da un punto di vista geo-meccanico l'ammasso sabbioso-travertinoso costituente la Rupe. L'analisi strutturale ha messo in evidenza la presenza di quattro set principali di joints, nettamente discriminabili per importanza e direzione. Il set principale (S1, 43%), ovunque ben rappresentato, è subparallelo all'andamento delle mesofaglie e delle faglie maggiori, nornali o transtensive, che delimitano ad est il bacino della Valle del Tevere (sistema bordiero dei Monti Martani), ed ha una direzione compresa tra N140°E e N175°E, con inclinazioni elevate, per lo più superiori agli 80°.

Questo set è ben rilevabile lungo tutto il fronte della Rupe e diventa predominante lungo la parete ovest; esso risulta inoltre ben documentato in tutta l'area dei Monti Martani ed in zone ad essa limitrofe. Il secondo set di joints rilevato (S2, 23%) presenta una direzione compresa tra N50°E e N80°E, con inclinazioni mediamente superiori ai 70°, ed è osservabile lungo l'intero fronte della Rupe. Un altro set (S3, 22%) è stato rilevato prevalentemente nella parete occidentale e in quella meridionale, con direzione N80-100°E.

2002 - L. Melelli, M. Balducci, F. Durastanti, R. Regni, L. Faralli, N. Gasparri, R. Piccioni, L.D. Venanti
Interventi di messa in sicurezza del versante sud di Nocera Umbra: studio dei dissesti ed esecuzione degli interventi
(Quarry & Construction, n.1 Gennaio 2002, Ed. P.E.I.)
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2002 - L. Faralli, N. Gasparri, R. Piccioni & L. D. Venanti
Localizzazione e dimensionamento di cavità sotterranee naturali in ambito estrattivo: indagini mediante sondaggi elettrici verticali (S.E.V.)
(Ingegnere Umbro,Giugno 2002)
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2003 - M. Balducci, L. Faralli, L. Melelli, R. Regni, L.D. Venanti
Il dissesto idrogeologico del versante nord-occidentale dell'abitato di Acqualoreto
Sessione poster e intervento orale nell'ambito del Convegno "Il Bacino del Tevere – La risorsa, la qualità delle acque, il dissesto idrogeologico, i beni paesaggistici ed ambientali", Associazione Idrotecnica Italiana, Autorità di bacino del Fiume Tevere; Baschi (TR), Settembre 2003
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2004 - L. Melelli, L. Faralli, L.D. Venanti
La grande frana di Acqualoreto (Terni, Umbria): analisi dei movimenti di massa e condizioni di rischio
GEOLOGIA tecnica ed ambientale n. 3/2004 Rivista trimestrale Ordine Nazionale dei Geologi

Il centro abitato di Acqualoreto (comune di Baschi, TR, Umbria) è coinvolto in fenomeni di dissesto gravitativo riconosciuti e testimoniati anche in passato e che costituiscono ancora oggi una condizione di rischio, in particolare per gli edifici e le infrastrutture ubicati lungo il versante nord-occidentale dell'abitato. L'area risulta classificata ad elevato rischio di frana (zona R3 nel Piano di Assetto Idrogeologico redatto dall'Autorità di Bacino del F. Tevere).

Il centro storico è stato inserito tra gli abitati da consolidare a cura e spese dello Stato con D.P.R. n. 1349 del 24/11/1966 (R.D. 445/1908). La zona in esame si estende al bordo di una dorsale stretta ed allungata, che all'estremità settentrionale coincide con un tratto della nicchia di una grande paleofrana. L'ampio dissesto è stato classificato come un colamento che occupa per intero i bacini idrografici di due corsi d'acqua (F.so Petrusi e F.so della Cupa) affluenti in sinistra idrografica del F. Tevere, nel tratto compreso tra gli abitati di Todi ed Orvieto.

La paleofrana non presenta evidenze di possibili riattivazioni ma in diversi punti del corpo di accumulo e lungo la scarpata principale dell'ampia nicchia di distacco, sono stati riconosciuti oltre sessanta fenomeni franosi attivi o quiescenti classificati come scivolamenti s.l. o colamenti.

2004 – N. Gasparri, L. Melelli, P. Raspa, L. D. Venanti l.d.
La cava di San Carlo (Siena,Toscana): un esempio di impianto vinicolo come soluzione per il recupero delle attività estrattive dimesse in territorio DOCG
Atti del Convegno Nazionale "I PAESAGGI DEL VINO", Perugia 6-8 Febbraio 2004.

Il lavoro propone un esempio di recupero ambientale di un'area estrattiva dismessa inserita in uno dei paradisi viticoli toscani della produzione DOCG del Chianti Classico "Gallo Nero", nel Comune di Castelnuovo Berardenga (SI). L'area costituisce una marcata e ben visibile cicatrice in un contesto paesaggistico ad alto valore naturalistico e turistico - economico.

L'area di cava (c.ca 15ha), interessa la parte medio basale del versante meridionale del Colle di San Carlo. Lungo il fronte di cava affiora estesamente la successione del Gruppo degli Scisti Policromi (Creta inf.-Oligocene medio). L'attività estrattiva, avviata nei primi anni cinquanta, si interruppe a metà degli anni ottanta a seguito del manifestarsi di marcati fenomeni gravitativi del fronte di cava, che portarono ad una rapida evoluzione delle condizioni di dissesto determinando il totale abbandono dell'attività stessa.

Il contesto che fa da cornice alla cava si inserisce in un ambito di elevato valore della risorsa vinicola di marcata rilevanza nazionale ed internazionale (area del Castello di Brolio, ville Medicee, fattorie di produzione del Chianti Classico DOCG di elevato pregio). Tuttavia, il forte impatto paesaggistico dell'area estrattiva dismessa, pur rappresentando un annoso problema, è ad oggi irrisolto.

Il progetto di recupero, oggetto del presente lavoro, tenendo conto del contesto nel quale è inserita la cava, propone la creazione di un'area verde attrezzata con annesso centro museale e didattico e di una zona destinata a vigneto sperimentale. Lo scopo finale, oltre quello del recupero del contesto paesaggistico, è l'inserimento dell'area nei circuiti turistici eno – gastronomici attualmente presenti sul territorio con eventuale partecipazione dei soggetti privati presenti nell'area (Azienda S.Felice, Castello di Brolio).

2004 – R. Biondi, C. Comastri, L. Faralli, G. Federici, N. Gasparri, R. Piccioni, L.D. Venanti
Lavori di consolidamento abitato di Massa Martana (Umbria, Italy): interventi di consolidamento rupe travertinosa
A.G.I. Associazione Geotecnica Italiana XXII Convegno Nazionale di Geotecnica. Palermo Settembre 2004.

Il terremoto del 1997 ha fortemente colpito il Centro Italia ed in particolare le Marche e l'Umbria. La prima scossa, del maggio 1997, ha interessato la Città di Massa Martana, che sorge su una placca di sedimenti cartonatici continentali del pleistocene inferiore, fortemente stratificata e fratturata. Le erosioni prodotte dai corsi d'acqua che circondavano la città di Massa Martana, hanno determinato, nel tempo, profonde incisioni sui lati N,W,S, della placca, generando pareti verti-cali soggette a fenomeni gravitativi di crollo e ribaltamento, favoriti anche dalla forte strutturazione (jointing) del sistema.

I terremoti hanno incrementato i rischi di crollo dei fronti rupestri. Gli interventi di consolidamento e messa in sicurezza della rupe sono stati concepiti in modo da rispettare le caratteristiche storico ambientali e paesaggistiche del territorio, introducendo sistemi di chiodature della placca. Sono state introdotte chiodature "progressive" nel corpo della rupe, formando una griglia spaziale di rinforzo della parte superficiale dell'ammasso e, nelle parti dove le fratture assumevano carattere di vere cavità, sono stati introdotti rivestimenti in muratura, ancorati al corpo della rupe con tiranti.

2005 - A. Piobbico & L.D. Venanti
I cunicoli di Perugia e Todi
(Ingegnere Umbro,Marzo 2005)
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2005 - L. Melelli, L. Faralli, L.D. Venanti
The large Acqualoreto landslide (Umbria, Italy): an example of recurrent landslides evolving from a deph-seated gravitational moviment
Presentazione poster .Atti del 6th International Conference on Geomophology. Zaragoza Spain Settembre 2005
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2005 - L. Melelli, L. Faralli, L.D. Venanti
The Acqualoreto landslide evolutive tendency: a revision about recent instrumental evidences
Atti Convegno GeoItalia '05. Spoleto Settembre 2005
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2005 - D. Valigi, L. Faralli, N. Gasparri, L. Melelli, R. Piccioni, L.D. Venanti
The role of rainfall in the instability of Plio-pleistocene sediments in southwestern Umbria
Atti Convegno GeoItalia '05. Spoleto Settembre 2005
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2006 - L.D. Venanti, M. Mariani, P. Anderlini
Il Tempio di S. Ercolano: degrado antropogenico, recupero e valorizzazione di un bene culturale nel centro storico di Perugia (Umbria)
Atti III Convegno Internazionale Beni Culturali. Urbino Ottobre 2006

Il lavoro propone un caso di studio e le successive opere di consolidamento e restauro della Chiesa (anche detto Tempio) di S. Ercolano, uno dei beni culturali di maggiore rilevanza storico architettonica della città di Perugia (Umbria, Italia). Situato nel cuore del centro storico, il complesso monumentale presenta caratteristiche architettoniche di particolare pregio e contiene fregi e dipinti di elevato interesse artistico.

A partire dalla fine del secolo XIX il Tempio ha evidenziato problemi strutturali legati ad un allarmante quadro fessurativo ed abbondanti infiltrazioni d'acqua, in conseguenza delle variazioni del tessuto urbanistico adiacente. Interventi saltuari di consolidamento si sono susseguiti a partire dalla metà del secolo XX risolvendo solo parzialmente le problematiche di dissesto.

Nell'anno 2002, nell'ambito del "Piano Annuale dei Beni Culturali danneggiati dagli eventi sismici del settembre 1997 e successivi", sono stati finanziati ed eseguiti i lavori di ripristino, risanamento e restauro del Tempio.

2007 - D. Valigi, L. Faralli, N. Gasparri, L. Melelli, R. Piccioni, L.D. Venanti
The relationship between rainfall and mass movements on Plio-pleistocene sediments in southwestern Umbria
International Conference on Landslides and Climate change – Challenges and Solutions – Isle of Wight, UK Maggio 2007

È noto che per alcune tipologie di frane le precipitazioni atmosferiche sono tra i fattori più importanti per l'innesco dei mass wasting. L'individuazione delle "soglie di piovosità" in aree caratterizzate da dissesti franosi fornisce un utile strumento in fase di previsione e prevenzione nella realizzazione di sistemi di mitigazione del rischio.

Per la definizione delle "soglie di piovosità" di eventi franosi tipo colate o scivolamenti superficiali in terreni a medio-alta permeabilità vengono analizzate le piogge intense, di breve durata (Belloni & Martini 1997, Mortara et al. 1994, Wieczorek & Sarmento 1988, Cannon & Ellen 1988, Wieczorek 1987, Keefer et al. 1987, Cancelli & Nova 1985, Moser & Hohensin 1983, Govi & Soriana 1980, Caine 1980, Campbell 1975). Per la previsione dei dissesti in terreni a permeabilità medio-bassa, come quelli che caratterizzano l'area di studio, vengono considerate le precipitazioni cumulate su periodi più lunghi (Canuti et alii, 1985; Govi et alii, 1985; Capecchi & Focardi; 1988; Cascini & Versace 1986, 1988; D'ecclesis et alii, 1991; Parise et alii, 1997; Pasuto & Silvano, 1998; Wasowski, 1998; Polemio & Sdao, 1999; Galliani et alii, 2001; Santaloia et alii, 2001).

Per la stima delle soglie pluviometriche di innesco di frana sono state utilizzate le piogge cumulate su periodi lunghi. In particolare è stato applicato il metodo di Govi et alii (1985) a partire dalle piogge cumulate di 60, 90, 120, 180 giorni antecedenti i dissesti verificatisi nei territori di Massa Martana, Todi e Collazzone (Umbria, Italia centrale), dove affiorano depositi prevalentemente limo-argillosi e che caratterizzano le Unità del Bacino Tiberino in Umbria (Plio-Pleistocene).

Ai soli eventi franosi di Massa Martana è stato inoltre applicato il metodo statistico probabilistico di Gumbel a partire dalle piogge giornaliere cumulate massime da 1 a 180 giorni antecedenti i dissesti:sono state ricavate le curve di probabilità pluviometrica della pioggia cumulata, con associato tempo di ritorno. Confrontando le curve delle piogge cumulate di innesco dei fenomeni franosi e valutando i tempi di ritorno delle piogge cumulate stesse, è stato possibile comprendere il peso che la pioggia ha avuto per le singole tipologie di fenomeni franosi.

2007 – Regione Umbria, Comune di Todi, Comune di Terni, SGA
"L'osservatorio del Colle di Todi", "L'Osservatorio della Cascata delle Marmore"
Poster Stand Regione Umbria – A.G.I. Associazione Geotecnica Italiana XXIII Convegno Nazionale di Geotecnica. Padova Abano Terme Maggio 2004.
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2007 - L. Faralli, N. Gasparri, R. Piccioni, L.D. Venanti
Massa Martana. Realtà ipogee nell’abitato
Volume "Umbria sotterranea. Archeologia e idraulica urbana" a cura di A. Melelli e L.D. Venanti - Ed. Quattroemme
IUGG XXIV General assembly, Perugia Luglio 2007
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